Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
Ora tocca a Thomas
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 139, p. 3
Data: 12 giugno 1955


pag. 3




   Cari clienti italiani, lettori ammaestrati, modaioli della stagione corrente. versiferi di primo pelo, preparatevi a venerare un nuovo idolino ammesso ora nel sacro Musario cosmopolita, chinate i ginocchi della mente dinnanzi all'ultimo vicedio della poesia oltremontana e oltre marina.
   Prendete buona nota che si chiama Dylan Thomas, che non è inglese ne americano ma gallese, che fu tutta la vita fedele alla bottiglia e al fiasco — visse qualche tempo a Firenze e contribuì valorosamente al consumo del Chianti — che si ubriacò tutte le sere ma non soltanto di poesia, che morì a Nuova York nel 1952, a soli trentanove anni, di emorragia cerebrale.
   Il suo culto comincia, in Italia, soltanto ora: hanno tradotto una parte delle sue poesie e un libro in prosa intitolato Ritratto di Giovane Artista.
   Nelle sue liriche non manca una certa fosforescenza di cervello venturiero e zingaresco ma siamo di fronte a un'arte artifiziata che conosciamo a menadito da parecchi anni. E' una poesia composta a forza di capricci associativi e vocabolaristi, di fantasia che gioca a mosca cieca con le immagini, di contrappunto fondato su dissonanze volute e perciò sospette, di svolazzamenti pindarici suggeriti dalla euforia dionisiaca o da reminiscenze libresche. Non è poesia di massello ma limatura e talvolta segatura di poesia.
   Poesia distillata con questa ricetta ne possediamo già molta, anche troppa, in Italia e fuori, e spesso anche di miglior qualità. Ma bisognerà rassegnarsi alla voga biennale o quadriennale di Dylan Thomas: ha scritto in inglese, è portato e protetto dai critici della retroguardia ermetica e soprattutto è morto a trentanove anni, il che fa sempre un certo effetto.
   Da quando leggo giornali e riviste di letteratura, cioè dal 1895, ho assistito alle molteplici imprese d'importazione di scrittori stranieri in Italia, con l'obbligato accompagnamento di saggi critici, di traduzioni, di antologie e di apologie. Debbo testimoniare, forte dell'esperienza di ben sessanta anni, che parecchi di quei poeti d'importazione, dopo uno spaccio di qualche anno, si rinabissarono nel buio anonimo dal quale erano stati tirati fuori da incauti importatori. Molti altri furono a poco a poco accantonati in qualche nota dei manuali di storia letteraria e oggi si dura fatica a ricordare i loro nomi. Solamente sei o sette di quei poeti son riusciti a rimanere, come stelle più o meno visibili, nel cielo della nostra cultura.
   Dylan Thomas — se volete' credere a un vecchio lupo di libreria — non figurerà tra questi ultimi.


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